Presidente, sottosegretaria, colleghi, sono giorni indubbiamente di estrema complessità per il nostro Paese, chiamato a far fronte ad un'emergenza sanitaria inedita e difficile. Il nuovo Coronavirus pone un'enorme sfida non solo al Servizio sanitario nazionale, al diritto alla salute, iscritto nei nostri principi costituzionali, ma all'intero sistema Paese e, su più larga scala, al mondo. Il 30 gennaio, l'Organizzazione Mondiale della Sanità, in merito all'infezione da nuovo Coronavirus, ha dichiarato lo stato di emergenza internazionale, che viene dichiarata quando in uno Stato si verifica un evento straordinario che costituisce un rischio per la salute pubblica per altri Stati attraverso la diffusione internazionale delle malattie, e che richiede una risposta internazionale coordinata. Tale dichiarazione facilita la condivisione di informazioni per la valutazione del rischio, permette di dare agli Stati membri raccomandazioni temporanee, e soprattutto facilità a livello internazionale le attività diplomatiche di salute pubblica, di sicurezza, di logistica, oltre a permettere l'utilizzo di maggiori risorse finanziarie.
È dunque evidente come questa dichiarazione chiami in causa in modo probante la capacità del mondo di cooperare e organizzare risposte all'altezza della situazione a tutela del bene più prezioso, che è la salute umana. E in questi momenti risulta più chiara ed evidente a tutti una cosa abbastanza ovvia, che tuttavia non trova poi sempre riscontri nella consapevolezza diffusa e nelle scelte conseguenti, cioè che, in un'epoca, in un dibattito pubblico in cui spesso si abusa della parola sicurezza, in cui la si usa in un paradosso per alimentare paure e diffidenze rispetto all'altro da sé, riscopriamo che la più grande sicurezza per un essere umano è vedere garantita la propria salute, vedere garantita la salute pubblica, avendo a disposizione risposte di qualità ai propri bisogni. È un grande tema politico, che chiama in causa le ancora troppe differenze, le ancora troppe diseguaglianze di salute che attraversano quotidianamente anche il nostro Paese; un grande tema che chiede nell'emergenza di questi giorni una grande risposta unitaria del sistema Paese, una grande risposta di sanità pubblica. La natura inedita di questa emergenza sanitaria è data anche dal fatto che siamo di fronte alla prima emergenza sanitaria globale nell'era dei social network. Vi è un'oggettiva difficoltà nell'informare correttamente, nel veicolare notizie utili ed essenziali, nel momento in cui ognuno si sente nel diritto-dovere di dire la sua, e molti, troppi, nella compulsiva ossessione a diffondere fake news, che non si arresta neppure davanti all'emergenza sanitaria.
Tutto questo mentre l'obiettivo di evitare il panico generalizzato e immotivato è importante tanto quanto una risposta clinica adeguata. È necessario sospendere, uscire dal ping pong mediatico fra minimizzatori e teorici dell'imminente fine del mondo; è necessario far parlare gli scienziati, i medici. Uso le parole della direttrice del laboratorio di microbiologia dell'ospedale Sacco, la professoressa Maria Rita Gismondo, quando ci dice che contro la psicosi basta la verità. E in questa direzione bene ha fatto il Ministro Speranza, nei giorni scorsi, a dotarsi di una voce al suo fianco ulteriormente autorevole sul piano internazionale, come quella del professor Ricciardi, che si aggiunge a quelle dell'Istituto superiore di sanità e della task force Coronavirus, istituita già dal 22 gennaio e che da allora coordina, 24 ore su 24, le azioni da mettere in campo per fronteggiare le emergenze, e a cui, al contrario di chi mi ha proceduto, dico grazie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Con la messa a sistema di questa capacità comunicativa e, ancor più importante, informativa, è necessario non rassicurare genericamente, banalmente, ma esprimere con rigore una consapevolezza, che il nuovo Coronavirus è indubbiamente una prospettiva sfidante per il nostro Paese e per la comunità internazionale, ma è una sfida che l'Italia, il suo sistema istituzionale e il suo servizio sanitario pubblico e universalistico sono in grado di vincere, a patto che vi sia e prosegua una forte unità del sistema Paese, che passa anche dal rafforzamento della fiducia nell'articolato sistema istituzionale che gestisce questa emergenza, in primis questo Parlamento, come sinceramente è avvenuto fin qui nella discussione anche avvenuta in Commissione su questo decreto e non solo. Questo Parlamento è chiamato mai come in questi momenti a rappresentare il Paese in modo unitario e a dare compiutamente l'idea di mettere concretamente in campo una profonda comunità di intenti. E bene ha fatto, e farà di nuovo questa sera, il Ministro Speranza a tenere puntualmente aggiornato questo Parlamento. Non ci possiamo permettere che anche quest'enorme sfida sanitaria sia terreno dei distinguo, di polemica politica, quando non finanche di propaganda. Chi lo facesse, chi non cogliesse l'estrema necessità di rafforzare la fiducia nelle istituzioni preposte, chi non si sottraesse neanche davanti a questa situazione, all'istinto irrefrenabile della propaganda di un tweet all'ora, si sottrarrebbe invece irrimediabilmente ad una responsabilità collettiva che, in queste ore, come in tutti i passaggi complessi della storia della nostra Repubblica, è stata ed è la cifra della nostra comunità nazionale. Una responsabilità collettiva che chiama il decisore pubblico ad assumere scelte immediate, come fa il decreto che oggi discutiamo; scelte che confermano e ribadiscono l'approccio giustamente rigoroso che è stato immediatamente assunto attraverso le ordinanze urgenti concordate dal Governo e dalle regioni sede di focolaio, con l'obiettivo di contenere la diffusione del virus, di rallentarne quanto più possibile la trasmissione, di definire protocolli di intervento, in caso di contagi codificati e di strutturare una risposta organizzativa del Servizio sanitario adeguata. Ciò perché, assunto che stiamo parlando di un virus dalla sufficientemente bassa mortalità ma dall'alta contagiosità, è necessario in ogni modo evitare una diffusione capillare in tutto il Paese e contemporanea, con l'emergere di migliaia o centinaia di migliaia di casi tutti insieme contemporaneamente bisognosi di risposte sanitarie in una percentuale non banale, anche complesse. Questa è la nostra sfida. Il tema non è riscontrare con preoccupazione come ogni giorno vi siano nuovi casi - un virus fa così, ed è inevitabile, fino ad un picco e ad una conseguente decrescita -, l'obiettivo è e deve essere, invece, che questo processo avvenga con limitatezza e con una lenta progressione affinché il Servizio sanitario nazionale sia in grado di gestirlo da un punto di vista della risposta organizzativa e clinica. In questo senso, e in generale all'interno di questa vicenda, è e sarà decisiva la consapevolezza e la responsabilità del sistema dell'informazione.
Non servono bollettini giornalieri, quando non addirittura orari, allarmanti su nuovi casi sospetti, che spaventano di volta in volta questa o quella comunità territoriale che, nella stragrande maggioranza dei casi, si dimostrano poi normali influenze o sindrome da raffreddamento.
Serve far comprendere che le misure adottate, quelle di cui ci dotiamo anche attraverso questo decreto, rafforzandole, nella flessibilità di risposte da adeguare di fronte all'evoluzione del problema, che non è statico, come veniva già prima ricordato, sono le misure giuste per consentire una risposta adeguata e possibile al Servizio sanitario nazionale. Spesso parliamo del Servizio sanitario nazionale, del suo essere all'altezza di questa grande sfida, ma mai come in questo momento voglio uscire dalla definizione astratta. Sento il dovere politico e istituzionale, da cittadino, di ringraziare le migliaia di donne e di uomini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), medici ospedalieri, infermieri, biologi, medici di medicina generale e tutti i professionisti sanitari, e insieme quelli di Protezione civile, che stanno dedicando tutta la loro professionalità, tutta la loro dedizione civica, tutto il loro tempo, sabato e domeniche comprese, ad assicurare una risposta sanitaria di qualità a questa sfida, una risposta di qualità pubblica e universalistica, ribadisco.
A tutti loro arrivi una volta di più il grazie dell'intero Paese e a noi il monito a ricordarci di loro, ad investire e a mettere al centro dell'agenda politica nazionale la salute non solo nella prossimità di un'emergenza. A fianco del lavoro straordinario e decisivo degli operatori della sanità, a cui si aggiunge quello del personale di Protezione civile e militare impegnato nelle cosiddette zone rosse, c'è quello della popolazione. In particolare, il sacrificio indubbio che viene chiesto alle cittadine e ai cittadini delle zone più colpite, con una limitazione necessitata della loro libertà di movimento e con la necessità di sospendere servizi, penso alle scuole, con i conseguenti disagi e le fatiche organizzative per le famiglie. A quei territori della Lombardia, del Veneto, della mia Emilia-Romagna, dove è appena giunta la notizia del primo decesso, e a tutte le regioni colpite giunga la vicinanza, la solidarietà del Parlamento italiano tutto e di tutta la comunità nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), che saprà dimostrare una volta di più di essere una e indivisibile, e capace di stringersi nel bisogno. Fatemi anche, da questi banchi, a proposito delle comunità colpite, esprimere le condoglianze alle famiglie delle persone che sono morte in questi giorni in conseguenza delle complicazioni portate dal nuovo Coronavirus a patologie pregresse. Ci stringiamo a loro nel ricordo e nel commiato a queste persone, perché non diventino mai solo numeri di un'epidemia o pazienti 1, 2 o 3, ma persone per cui va rispettato e onorato il dolore delle famiglie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Insomma, non lasceremo soli quei territori e quelle comunità: non lo faremo sul piano della risposta sanitaria, come già non lo stiamo facendo in queste ore; non lo faremo sul piano della risposta alle conseguenze economiche che questa crisi sanitaria produce. In questo senso, nelle prossime ore sono annunciati due decreti che vanno in questa direzione, che sono certo il Parlamento affronterà con la stessa unità che prevedo oggi su questo decreto. Un decreto, quello di oggi, chiamato a definire una cornice giuridica unitaria e condivisa che consenta di rendere sistemiche in questi giorni le misure urgenti e straordinarie per fronteggiare l'evolversi della situazione epidemiologica nel nostro Paese causata dal nuovo Coronavirus. Una cornice giuridica condivisa che definisce puntualmente le misure di contenimento dell'epidemia e definisce contestualmente l'ambito di applicazione, evitando iniziative estemporanee di singoli territori e singole amministrazioni non interessate ad oggi dall'emergenza che rischiano solo di alimentare inutilmente il panico, riservandosi poi la possibilità, il decreto, come già avvenuto con un primo DPCM nei giorni scorsi, di intervenire con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri a dare attuazione specifica a queste previsioni o a quelle che saranno necessarie. Un decreto, insomma, che mette ordine e dà indicazioni precise, frutto di un'essenziale cooperazione fra il Governo, il Parlamento, le regioni e il sistema degli enti locali, da sostenere e difendere da parte di tutti. Chiudo, Presidente, da dove ho iniziato: siamo di fronte ad una sfida complessa per il nostro Paese, ma siamo altrettanto nella consapevolezza di essere un grande Paese, con un sistema sanitario pubblico e universalistico di qualità, con una comunità resiliente di fronte alle difficoltà, capace di superare con successo anche questa prova.